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Dopo le tante delusioni ricevute dalla “massificazione” e dalla “commoditizzazione”, sarebbe un bel passo avanti se il settore ortofrutticolo iniziasse a riconoscere che anche il suo mercato non è omogeneo, fatto cioè di commodities, ma è suddivisibile in segmenti, ovvero iniziasse a considerare che non tutti gli acquirenti di ortofrutta sono uguali, anche se il dio prezzo sembra l’unico elemento che li accomuna.

Martedì, 27 Dicembre 2016 19:55

Segmentare è la via prioritaria per creare valore.

La stragrande maggioranza delle aziende alimentari nel mondo, e in special modo per quelle che operano nei mercati più competitivi, hanno ormai assunto che il giudice finale è il cliente, e su questo concentrano i loro sforzi di segmentazione e valorizzazione dell’offerta, mentre nell’ortofrutta molti pensano che siano i buyer della distribuzione moderna, per cui il lavoro delle imprese di produzione e commercializzazione del settore è concentrato a soddisfare le loro esigenze. Anche in ortofrutta, però, i clienti/consumatori non pensano più di avere un ruolo secondario: conoscono sempre meglio la materia, sono bene informati sulle offerte e tendono a chiedere quello che vogliono, decidendo quando e come lo vogliono. 
I clienti scelgono tra prodotti e servizi concorrenti in base a quello che considerano essere il valore maggiore: in altre parole, scelgono la proposta che contiene i vantaggi per loro rilevanti al prezzo ritenuto più conveniente, il che, aggiungiamo noi, non significa necessariamente quello “più basso”. E’ il più basso quando il differenziale qualitativo percepito fra i prodotti è ridotto o inesistente.
Pertanto, la sfida consiste nel trasmettere al cliente proposte di valore che siano vincenti e profittevoli. Prima di tutto, però, si dovrebbe capire come strutturare tali proposte dal punto di vista del cliente.
Contemporaneamente, inoltre, si dovrebbe anche scoprire le motivazioni che guidano le scelte. Molte aziende,alcontrario,continuanoadecidere a priori i segmenti basandosi su criteri semplicistici come i prodotti/servizi offerti o i dati anagrafici. 

Cosa potrebbe voler dire segmentare il mercato del kiwi? Rispondendo a quali esigenze implicite ed esplicite del consumatore? 
Per ottenere quali benefici alla produzione? Sono queste alcune delle domande a cui dovremmo trovare risposta prima di produrre innovazione.
Nell’industria alimentare di marca, infatti, segmentare è studiare come è divisa la domanda anche e soprattutto in chiave potenziale e poi costruire l’offerta per uno o più segmenti individuati, mentre per l’ortofrutta di norma è segmentare l’offerta e poi vedere che domanda soddisfa; non è vero in assoluto ma nella maggior parte dei casi. 
La segmentazione dovrebbe riflettere un orientamento al mercato/consumatore piuttosto che al prodotto/servizio.
Se pensiamo al kiwi non è andata molto diversamente, abbiamo lavorato sul colore della polpa, partendo dal verde, per poi declinarlo nel giallo e nel rosso, prevalentemente puntando sulla facilità di identificazione del colore e, solo successivamente, sulle differenti caratteristiche organolettiche.
Certo il colore, almeno inizialmente è un potente strumento di segmentazione ma, come le differenti caratteristiche nutrizionali e gustative, tende a portare ad una preferenza e, quindi, almeno a parziale cannibalizzazione fra i prodotti.
Si potrebbe forse pensare all’occasione di consumo, ad esempio dicendo che il Kiwi rosso è adatto alla cena o, perché shick, alla ricorrenze visto che il rosso è il colore che ha reso famoso lo stilista Valentino? 

Il Kiwi verde è viceversa adatto al pranzo, come fonte vitaminica e energetica, mentre il kiwi giallo è da colazione per iniziare dolcemente la giornata. Scritta in modo così semplicistico più che una ricetta sembra una provocazione, ma è meno fantasiosa di quanto crediate se si vuole creare valore per il consumatore. per segmentare non basta avere tanti prodotti, occorre crearne una percezione distintiva e un beneficio associabile. penso alle vostre perplessità dati i tanti prodotti esistenti e i tanti allo studio, ma il nostro in realtà è un mercato poco segmentato, abbiamo fin troppi prodotti ma non generano desideri differenziati per cui sono in concorrenza diretta. Dall’altra parte l’ancora limitato impatto anche dello stesso colore come chiave di segmentazione nel nostro paese è bene evidenziato dal nostro monitor ortofrutta condotto annualmente su 2.000 responsabili acquisti rappresentativi dell’universo nazionale: a diversi anni dall’introduzione del kiwi giallo, ancora il 70% degli italiani pensa che il kiwi sia solo verde. 

Spazi spesso insufficienti accordati nel punto di vendita e mancanza di continuità sono fra le cause principali di tale situazione e testimoniano la scarsa percezione da parte degli operatori alla distribuzione della complessità del processo di segmentazione. 

A cura di Roberto Della Casa - Università di Bologna e Ferrara